10-11 febbraio 1918, la “beffa di Buccari”

«In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d’Italia, che si ridono d’ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre ad osare l’inosabile. E un buon compagno, ben noto, il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro, è venuto con loro a beffarsi della taglia».

Questo fu il testo del messaggio che Gabriele D’Annunzio, uno dei tre protagonisti dell’impresa che andiamo a raccontare nel nostro post odierno, redasse per lasciarlo in bottiglie tricolori dopo aver violato la base della Marina Imperiale austroungarica nel corso dell’impresa passata alla storia come la “beffa di Buccari” Vediamo con precisione di cosa si trattò, facendo come da nostra abitudine un passo indietro per inquadrare il periodo storico in cui si svolse l’episodio.

Siamo nel quarto anno di guerra, terzo per quanto riguarda l’Italia e il nostro paese pochi mesi prima aveva subito quella che ancora oggi è stata la peggiore sconfitta per le nostre armi e cioè come tutti avrete capito stiamo parlando della battaglia di Caporetto, che aveva avuto un impatto pesantissimo sulla strategia e il morale delle truppe. Era necessario a quel punto non solo una vera e propria vittoria militare ma un impresa audace che potesse risollevare il morale delle forze armate e dell’opinione pubblica, rimasta profondamente scossa dalla tremenda sconfitta subita dal Regio Esercito nel corso della dodicesima battaglia dell’Isonzo.

La sera del 10 febbraio 1918, tre MAS i motoscafi armati siluranti della Regia Marina lasciavano il porto di Ancona inizialmente rimorchiati da tre torpediniere. A bordo dei motoscafi identificati con i numeri 94, 95 e 96, che potevano muoversi agilmente, si facevano notare poco e potevano lanciare siluri contro la flotta austro-ungarica alla fonda nella baia di Buccari, tre personaggi destinati ad entrare nella Storia. Si trattava del già citato “poeta soldato” Gabriele D’Annunzio, il tenente di vascello Luigi Rizzo che nei mesi successivi affonderà due corazzate austriache e dal capitano di fregata Costanzo Ciano, futuro Presidente della Camera e padre di Galeazzo, Ministro degli Esteri e genero di Benito Mussolini che finirà fucilato a Verona nel gennaio del 1944.

I nostri tre mezzi d’assalto penetrarono le difese nemiche senza problemi ma nonostante potessero infliggere danni al naviglio nemico, come detto sopra preferirono lasciare delle bottiglie avvolte da nastri tricolori con un messaggio beffardo nel confronti della Marina austriaca. Non ci furono né morti, né feriti da ambo le parti e le navi alla fonda non riportarono nessun danno, ma la vicenda ebbe un ampio rilievo, dimostrando che l’Italia poteva ambire a sottrarre il controllo dell’Adriatico e soprattutto costrinse costrinse il nemico a impegnarsi nella ricerca di nuove strategie di difesa e di vigilanza, ed ebbe “una influenza morale incalcolabile”.

Pochi mesi dopo, passando per l’affondamento di due corazzate nemiche da parte dei nostri mezzi d’assalto e dalle sconfitte subite sui fronti terrestri, gli Imperi centrali crollarono e la Grande Guerra volse al termine. Le nostre truppe sconfissero duramente il nemico nella battaglia di Vittorio Veneto e il 4 novembre 1918 l’Impero austro-ungarico capitolava, avviandosi alla rapida dissoluzione. Prima di chiudere il nostro posti, ricordiamo che fu proprio in occasione di questa memorabile impresa, che abbiamo appena finito di narrare che Gabriele d’Annunzio coniò l’immortale motto dei M.A.S.

“MEMENTO AUDERE SEMPER”

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