“Monte Grappa tu sei la mia patria” – La canzone del Grappa

Il 5 agosto 1918  presso Villa Dolfin Boldù di Rosà il capitano Antonio Meneghetti, su sollecitazione del generale Emilio De Bono, Comandante del IX Corpo d’Armata, scrisse di getto la musica di una canzone di guerra destinata ad entrare nella Storia. Le parole erano state scritte sempre quel 5 agosto 1918 dallo stesso De Bono, futuro Quadrunviro della Marcia su Roma, che si era ispirato ad una scritta anonima apparsa sui muri di una casa della Val Cismon, allora occupata dall’esercito austriaco, che recitava:

«Monte Grappa tu sei la mia Patria»

Antonio Meneghetti nacque ad Ancona il 23 novembre 1890 e prima che scoppiasse la prima guerra mondiale aveva studiato pianoforte e composizione, pubblicando sotto lo pseudonimo DUX lo spartito di alcuni lavori di vario genere: musica da camera, musica leggera, canti liturgici. Come militare, Meneghetti, giunse fino al grado di colonnello e con  la 7ª Divisione fanteria “Lupi di Toscana”, fu decorato con due medaglie d’argento e una croce al valore. Morì a Calvisano, in provincia di Brescia nel 1973.

Al futuro Maresciallo d’Italia Emilio De Bono abbiamo dedicato un post che chi volesse leggere può trovare seguendo il link sottostante:

Verona 11 gennaio 1944, la morte del Maresciallo d’Italia Emilio De Bono

Tornando alla canzone oggetto del nostro post odierno, data la popolarità in breve raggiunta da questa canzone patriottica, e per evitare che la stessa fosse preda di qualche speculatore che voleva attribuirsene la paternità, testo e musica furono depositati a tutti gli effetti legali dal generale Emilio De Bono e dal capitano Antonio Meneghetti, che ne affidarono poi diffusione e stampa alla ditta Carisch di Milano.

«Monte Grappa, tu sei la mia patria,
sovra te il nostro sole risplende,
a te mira chi spera ed attende,
i fratelli che a guardia vi stan.

Contro a te già s’infranse il nemico,
che all’Italia tendeva lo sguardo:
non si passa un cotal baluardo,
affidato agli italici cuor.

Monte Grappa, tu sei la mia Patria,
sei la stella che addita il cammino,
sei la gloria, il volere, il destino,
che all’Italia ci fa ritornar.

Le tue cime fur sempre vietate,
per il pie’ dell’odiato straniero,
dei tuoi fianchi egli ignora il sentiero
che pugnando più volte tentò.

Quale candida neve che al verno
ti ricopre di splendido ammanto,
tu sei puro ed invitto col vanto
che il nemico non lasci passar.

O montagna, per noi tu sei sacra;
giù di lì scenderanno le schiere
che irrompenti, a spiegate bandiere,
l’invasore dovranno scacciar.

Ed i giorni del nostro servaggio
che scontammo mordendo nel freno,
in un forte avvenire sereno
noi ben presto vedremo mutar.»

 

 

 

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