10 luglio 1943 – lo sbarco in Sicilia

“Il nemico ha iniziato questa notte, con l’appoggio di poderose formazioni navali ed aeree e con lancio di reparti paracadutisti, l’attacco contro la Sicilia. Le forze armate alleate contrastano decisamente l’azione avversaria; combattimenti sono in corso lungo la fascia costiera sud orientale”.

Cosi il Bollettino n. 1141 del 10 luglio 1943 annunciava al popolo italiano che gli Alleati erano sbarcati in Sicilia, dando il via all”‘operazione Husky” la più grande armata d’invasione anfibia vista fino a quel giorno sbarcava sulle coste siciliane dando il via all’invasione di quella che gli alleati definivano la “Fortezza Europa”.

L’operazione detiene ancora oggi il record di maggior numero di truppe sbarcate nel primo giorno di operazioni superiore al ben più famoso “Piano Overlord”, lo sbarco sulle coste della Normandia il 6 giugno del 1944 e richiese una pianificazione maggiore a quella di quest’ultimo. Se fosse fallita l’operazione in Sicilia probabilmente lo sbarco in Normandia con ci sarebbe stato e il secondo conflitto mondiale, avrebbe preso una piega decisamente diversa.

Per questo i comandi alleati investirono sul successo di essa tutto il loro impegno e una massa imponente di forze. L’idea di invadere la Sicilia era emersa per la prima volta a Londra durante l’estate del 1942, quando vennero fissati due importanti obiettivi strategici nel Mediterraneo per le forze inglesi: Sicilia e Sardegna, alle quali furono assegnati rispettivamente i nomi in codice di Husky e Brimstone, ma dello stesso parere non erano i comandi americani.

La decisione finale non fu facile; inglesi ed americani avevano due opposte concezioni della guerra. I secondi fiduciosi delle loro immense risorse materiali, erano per un attacco frontale contro la Germania da attuarsi con un invasione della Francia del nord attraverso il Canale della Manica; gli inglesi, consapevoli di possedere minori risorse ma più esperti sui mari, preferivano continuare la strategia sul Mediterraneo volta a portare fuori dalla guerra l’Italia considerata il “ventre molle” dell’Europa.

Churchill e Roosevelt alla conferenza di Casablanca
Churchill e Roosevelt alla conferenza di Casablanca

Constatato che non si poteva portare avanti con le sole forze britanniche il piano si giunse, dopo forti contrasti tra i comandanti delle due potenze Alleate all’accordo concluso alla conferenza tenuta a Casablanca dal 14 al 24 gennaio del 1943. A prevalere fu la strategia complessiva inglese: si decise di continuare le operazioni sul Mediterraneo, attraverso l’invasione della Sicilia, in cambio dell’impegno da parte degli inglesi per un attacco diretto sul Canale l’anno successivo.

Per quella che fu la seconda più imponente operazione offensiva organizzata dagli Alleati nella seconda guerra mondiale, superata solo dall’operazione Overlord e comunque la più vasta in assoluto nel settore del Mediterraneo vennero impiegati 180.000 uomini fra inglesi, statunitensi e canadesi divisi in due armate.

il generale Patton (a sinistra) con Eisenhower e Montgomery
I generali Patton (a sinistra) con Eisenhower e Montgomery

Il Generale americano Dwight D. Eisenhower, già comandante delle forze Alleate in Nordafrica, ebbe il comando supremo dell’operazione Husky. Sotto di lui, il generale Sir Harold Alexander fu designato comandante di tutte le forze di terra ed ebbe la diretta responsabilità dei combattimenti, l’ammiraglio Andrew B. Cunningham doveva essere il comandante delle Forze navali mentre il comando delle Forze aeree Alleate fu assegnato al maresciallo dell’Aria Sir Arthur Tedder.

Alle 2 e 45 del 10 luglio scattò l’ora H del D-Day: precedute da un poderoso fuoco navale, che devastò il paesaggio costiero, le forze alleate inquadrate nel 15º Gruppo d’armate sotto il comando come detto del generale Alexander sbarcarono su un fronte di circa 170 chilometri distribuiti in 26 punti del litorale siciliano. Si trattava della 7ª armata americana guidata dal Generale George Smith Patton, e l’ 8ª britannica guidata dal Generale Bernard Law Montgomery che presero piede rispettivamente nella parte sud-occidentale (Licata, Gela e Scoglitti) e in quella sud-orientale dell’isola (Golfo di Noto).

Il generale ALfredo GuzzoniAd aspettarli sulle coste siciliane c’erano consistenti forze italiane e ridotti ma agguerrito e preparatissimi reparti della Wehrmacht. La Sicilia, a parte le tre Piazze Militari Marittime di Augusta-Siracusa, Messina-Reggio Calabria e Trapani, era stata divisa in due settori operativi, separati da una linea immaginaria che partiva ad est di Cefalù e finiva ad est di Licata, in cui operavano quattro divisioni di fanteria, da 12.000 uomini circa ciascuna, più otto Gruppi mobili tratti dai battaglioni corazzati presenti in Sicilia (tre, i gruppi mobili A, B e C, erano assegnati, come Raggruppamento mobile Ovest, al XII° CA; cinque, D, E, F, G, H, erano assegnati, come Raggruppamento mobile Est, al XVI° CA) e otto Gruppi tattici.

In totale circa 260.000 soldati di cui 175.000 italiani e 30.000 tedeschi tra le truppe combattenti, gli altri addetti ai servizi inquadrati. Tutti i reparti sia italiani che tedeschi erano sotto il comando della  6ª armata italiana del generale Alfredo Guzzoni, strutturata su due corpi d’armata, il XII del generale Mario Arisio  e il XVI Corpo d’armata del generale Carlo Rossi con a disposizione un totale di 9 divisioni.

Il XII Corpo dislocato nella Sicilia occidentale comprendeva la 28ª Divisione fanteria “Aosta” (generale Giacomo Romano), la 26ª Divisione fanteria “Assietta” (generale Eriberto Papini), tre divisioni costiere – la 208ª (Giovanni Morciani), la 202ª (Gino Ficalbi) e la 207ª (Ottorino Schreiber) – più il 136º Reggimento costiero autonomo. Il XVI Corpo  a difesa della Sicilia orientale, era invece formato dalla 54ª Divisione fanteria “Napoli” (Giulio Cesare Gotti Porcinari), dalla 4ª Divisione fanteria “Livorno” (Domenico Chirieleison), da due divisioni costiere – la 206ª (Achille d’Havet) e la 213ª (Carlo Gotti) – più due brigate costiere.

La 6ª armata era integrata da due agguerrite divisioni tedesche formate in parte con reparti destinati originariamente alla campagna di Tunisia e ancora in fase di organizzazione, la Fallschirm-Panzer-Division 1 “Hermann Göring” del generale Paul Conrath e la 15. Panzergrenadier-Division comandata dal generale Eberhard Rodt, per un totale come ricordato sopra di circa 30 000 soldati.

Panzer Tiger della Hermann Goering in Sicilia
Un panzer Tiger della Hermann Göring in Sicilia

Le truppe tedesche erano, in teoria, agli ordini del generale Guzzoni, ma in pratica il comandante italiano dovette indire numerosissime riunioni con gli ufficiali tedeschi per concertare i piani di difesa dell’isola, piani su cui i tedeschi non volevano impiegare tempo su quello che secondo loro era una eventualità molto improbabile, pensando chje lo sbarco sarebbe avvenuto altrove.

Prima di proseguire due parole sul perchè i tedeschi non credevano nello sbarco sulle coste siciliane. L’episodio chiamato dell’ “uomo mai esistito” fu forse la più grande beffa della seconda guerra mondiale. I servizi segreti inglesi fecero ritrovare su una spiaggia spagnola il cadavere di un maggiore gallese tale William Martin con una valigetta di documenti classificati top secret. I documenti indicavano che gli inglesi stavano preparando azioni si sbarco in Sardegna e in Grecia.

Il maggiore Martin.jpg
I documenti dell”uomo mai esistito”

L’alto Comando tedesco cascò nel tranello orchestrato ad arte dall’intelligence britannica e fu lo stesso Hitler ad ordinare che le divisioni delle Wehrmache di stanza in Francia venissero spostate in Grecia ed escluse categoricamente che gli Alleati potessero sbarcare sulle coste siciliane.

Chiudendo la parentesi e tornando alla situazione delle forze dell’Asse sull’isola, la  situazione drammatica delle difese dell’isola era già stata evidenziata dal generale Roatta, predecessore di Guzzoni al comando militare dell’isola. Parlando del prevedibile sbarco alleato, Roatta disse che: “…(la difesa costiera) non è in condizioni di impedire lo sbarco, ma solo in misura di ostacolarlo, di ritardarlo e di contenere per un tempo più o meno lungo l’avversario sbarcato”.

Occorre ricordare che gli Alleati potevano contare su una assoluta superiorità sia navale che aerea che come vedremo nei prossimi giorni, nei post dedicati all’operazione Husky risulterà determinante in più di un occasione. Tuttavia nonostante la storiografia alleata abbia provato a descrivere la campagna di Sicilia, come una passeggiata militare, essa fu in realtà una battaglia durissima e con perdite enormi fra tutti i contendenti.

Le unità italiane e tedesche contesero l’isola tenacemente e in più di un occasione gli Alleati dovettero segnare il passo, in primo luogo, il giorno successivo allo sbarco quando gli americani vennero ricacciati sulle spiagge dall’azione della divisione “Livorno” e dalla “Hermann Goring”, senza dimenticare la battaglia del ponte di Primosole a Catania e l’ultima battaglia combattuta a Troina.

Occorre poi ricordare che l’operazione stessa era partita con i peggiori auspici, quando nella notte precedente allo sbarco cioè fra il 9 e il 10 luglio, duemila inglesi e quasi altrettanti americani si lanciarono nell’entroterra siciliano. Il loro compito era conquistare alcuni ponti strategici e disturbare tedeschi e italiani, confondendoli e attaccando le loro retrovie.

Sicily Invasion
Paracadutisti americani si imbarcano su un aereo da trasporto Dakota che li porterà in Sicilia il 9 luglio 1943.

Il primo lancio, effettuato in pieno notte, quello degli americani, non andò molto bene e quello degli inglesi fu ancora peggiore. Il vento fortissimo che soffiava quel giorno e che gli inglesi soprannominarono il “vento di Mussolini” sparse i paracadutisti americani lungo un’ampia zona tra Gela e Siracusa: quasi tutti mancarono le zone di atterraggio e arrivarono troppo lontano dagli obiettivi per aiutare le truppe che sarebbero sbarcate dopo qualche ora.

Infine occorre ricordare che l’accesa rivalità fra i comandanti delle due armate, come visto uno americano e uno inglese non consentorono di elaborare un piano per impedire il ripiegamento delle unità dell’Asse che come vedremo riusciranno con abili manovre a sganciarsi e a ripiegare in forze sul continente, dove continueranno la guerra.

Prima di chiudere un interessante notizia fresca di questi giorni. A 75 anni dallo sbarco in Sicilia, finalmente aggiungiamo noi, l’Assemblea Regionale Siciliana, lo scorso anno ha approvato il l disegno di legge per la valorizzazione del patrimonio storico culturale dei siti legati alla Seconda Guerra Mondiale nell’isola.

Lo sbarco in Sicilia EVIDENZA.jpg

Nei prossimi giorni dedicheremo post appositi alle operazioni militari in Sicilia. Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post, con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.

12 pensieri riguardo “10 luglio 1943 – lo sbarco in Sicilia

  1. Complimenti davvero , per le ricostruzioni storiche e tutti i dettagli raccontate in maniera magnifica gli eventi, e sembra di vivere veramente quei momenti .. continuate così…
    Saluti dalla Sicilia (Me)

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  2. Leggendo…. tornano alla mente le narrazioni su quei combattimenti da parte di mio Padre, Fante della 54ª Divisione fanteria “Napoli” (Giulio Cesare Gotti Porcinari). Grazie! Onori per l’eternità ai Caduti per la nostra Patria Italia! Viva la Sicilia, che tanto amava!

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