Gli Assi della Grande Guerra – il D’artagnan dell’Aria

“Ogni suo atto, un atto di valore…”

Così scriveva nel luglio del 1917, un corrispondente di guerra dell’Illustrazione Italiana, raccontando la storia di un aviatore che in soli trentasette giorni, dal 15 Maggio al 22 Giugno, ha sostenuto trentacinque combattimenti, abbattendo nove aerei austriaci e imponendosi all’ammirazione di tutti come il “cacciatore” che ha riportato più vittorie nel minor tempo.

Flavio Torello Baracchini

Il post odierno è dedicato a Flavio Torello Baracchini noto come avete appena letto nel titolo dello stesso il “D’Artagnan dell’aria”. E’ il quarto nominativo nella speciale classifica ufficiale degli Assi italiani della prima guerra mondiale, pubblicata il 1º febbraio 1919, che risulta così redatta:

  1. Francesco Baracca 34 abbattimenti Medaglia d’oro al valor militare.
  2. Silvio Scaroni 26 abbattimenti Medaglia d’oro al valor militare.
  3. Pier Ruggero Piccio 24 abbattimenti Medaglia d’oro al valor militare
  4. Flavio Torello Baracchini 21 abbattimenti Medaglia d’oro al valor militare
  5. Fulco Ruffo di Calabria 20 abbattimenti Medaglia d’oro al valor militare
  6. Marziale Cerutti 17 abbattimenti
  7. Ferruccio Ranza 17 abbattimenti
  8. Luigi Olivari 12 abbattimenti
  9. Giannino Ancillotto 11 abbattimenti Medaglia d’oro al valor militare
  10. Antonio Reali 11 abbattimenti

Flavio Torello Baracchini nasce il 28 luglio 1895 a Villafranca in Lunigiana, in provincia di Massa e Carrara, terzo di sette figli. Durante la gioventù si appassiona ai motori e allo sport, partecipando a numerose gare di nuoto e ciclismo, ottenendo buoni risultati. Finite le scuole elementari e medie, si iscrive all’istituto tecnico di La Spezia, dove consegue nel 1914 la maturità superiore.

Allo scoppio della Grande Guerra, a soli 19 anni, richiede l’arruolamento volontario nel Regio Esercito. In virtù dei suoi studi viene destinato al 3º Reggimento telegrafisti di stanza a Mantova, dove si classifica tra i migliori dell’unità, ma presto si accorse del destino di retrovia che lo attendeva e che certo non lo entusiasmava. Nei messaggi che trattava spesso si parlava della ricerca di volontari ”per l’Aviazione”. Baracchini fece domanda ed entrò a far parte del Battaglione Aviatori.

Comincia a studiare la teoria del volo e in attesa delle prime prove pratiche pensa bene, di salire non autorizzato su un apparecchio Hanriot della scuola di volo. Da terra lo osservarono ammirati, senza sapere chi fosse alla guida del velivolo: il comandante non lo punì, colpito dalla naturale predisposizione al volo, ed il 31 marzo del 1915 giunse l’agognato brevetto, seguito da quello di pilota da guerra, il Caporale Baracchini viene assegnato il 28 febbraio 1916 alla 7ª Squadriglia da ricognizione e combattimento.

Il reparto a cui Baracchini è assegnato con la qualifica di ”Aspirante’ è dotato di Voisin e posizionato a Santa Maria la Longa sul versante dell’Isonzo. Il 31 marzo 1916 compie la prima spedizione di ricognizione sulle linee nemiche e il giorno successivo arriva la prima missione di guerra durante la quale si distingue immediatamente. Uscito per accompagnare un tenente ricognitore un guasto definitivo al motore esaltò le sue capacità, subito definite eccezionali. Baracchini riuscì a ritornare alle proprie linee solo planando, senza spinta, mitragliato da terra e dall’aria.

In una lettera alla madre del 12 luglio 1916, Baracchini racconta:

«Volavamo a 2 800 metri. Il nostro fronte, e cioè la salvezza, era al di là dell’Isonzo, vale a dire a circa 18 chilometri. E mi domandavo assillato dall’ansia: – Arriverò a superare questa distanza a motore spento?» e ancora: «I colpi dei cecchini bucavano le ali ma non colpivano nessun punto vitale dell’apparecchio. Intanto io, fra il miagolio della mitraglia, con uno sforzo supremo, portavo l’apparecchio sull’altra sponda dell’Isonzo. Non vi pare l’abbia scampata bella? Appena a terra fra i reticolati, io e l’osservatore balzammo dalla carlinga ed entrammo in trincea: era tempo!»

A causa del proprio temperamento “offensivo”, Baracchini richiede il passaggio dalla 7ª Squadriglia alla caccia, una specialità emergente che stava attirando l’attenzione di tutti per le gesta di piloti come Francesco Baracca, Fulco Ruffo di Calabria e Luigi Olivari. Nel dicembre 1916 la domanda viene accolta e Baracchini inizia l’addestramento alla Scuola Caccia di Cascina Malpensa su un Macchi-Nieuport 11 “Bébé”.

In questi mesi Torello, durante i primi scontri con gli apparecchi austriaci, sviluppò una tattica particolare. La stessa consisteva nel salire in alto e piombare sull’avversario  come un falco, all’improvviso, alla guida del suo Voisin. A fine marzo 1917 con il grado di sottotenente, viene assegnato alla 81ª Squadriglia Aeroplani “Nieuport” ai comandi del capitano Salvatore Calori. Il 15 maggio 1917 Baracchini superò il suo primo avversario, il pilota di un Brandeburg austriaco: la prima vittoria ufficiale di una lunga serie.

Da quel momento fu tutto un crescendo, Baracchini riuscì a abbattere un numero impressionante di apparecchi nemici in un tempo relativamente brevissimo. Dopo la 4ª vittoria, il capitano Calori affida proprio a lui uno dei primi Nieuport 17, con motore da 110 cavalli, che gli permette di affinare una tecnica di combattimento, caratterizzata da picchiate “in candela” sul nemico e raffiche di mitragliatrici a breve distanza.

Dal 3 al 26 giugno Baracchini ottiene una notevole serie di abbattimenti. Conquista infatti l’allora record del maggior numero di aeroplani abbattuti nel più breve periodo: 9 velivoli in 36 giorni. Dopo un mese di attività è già il terzo miglior asso italiano, dietro Francesco Baracca e Luigi Olivari, e il 2 agosto riceve la medaglia d’oro al valor militare, terzo in assoluto nell’ambito dell’aviazione e primo in assoluto nella specialità della caccia con la seguente motivazione:

«Abilissimo ed arditissimo pilota di aeroplano da caccia, con serena incuranza del pericolo ed indomito coraggio, in trenta giorni di servizio alla fronte sostenne brillantemente e vittoriosamente 35 combattimenti aerei, riuscendo ad abbattere 9 velivoli avversari. Cielo del basso e medio Isonzo,

15 maggio – 22 giugno 1917.»
— 2 agosto 1917

La fama del pilota lunigianese in quel tempo era veramente moltissima. La stampa lo esaltava come ”il D’Artagnan dell’aria”, l’Illustrazione Italiana lo presenta così:

«Flavio Baracchini, entrato nell’aviazione dopo pochi mesi di servizio nell’arma del Genio, è uno studente di 22 anni appena, un ragazzo simpatico, che la gloria non insuperbisce, ma rafforza nel generoso proposito di servire ancora e sempre meglio la Patria italiana, la quale può essere orgogliosa di lui, come di un magnifico campione dell’umano coraggio.»

Nel luglio 1917, dopo il passaggio alla 76ª Squadriglia Caccia, Baracchini pilota un nuovo aereo: lo SPAD S.VII, importato dalla Francia. Il nuovo aereo presenta un motore più potente rispetto al Nieuport 11, e ottimi tempi di salita e caratteristiche di picchiata. Poco dopo l’ 8 agosto 1917 durante uno scontro aereo, Baracchini viene ferito seriamente al mento da un proiettile nemico. Nonostante la ferita, riuscì ad abbattere il nemico e ad ottenere la sua 13ª vittoria.La ferita fu la prima delle due severe ferite che limiteranno il suo ciclo operativo.

Dopo un atterraggio d’emergenza nel campo italiano di Olcis, è soccorso dal medico del campo e riceve una prima medicazione. Durante il suo ricovero all’ospedale ”Volpe” di Udine, ricevette, nel giorno di Ferragosto 1917, la visita del Re Vittorio Emanuele III, accompagnato dal Presidente dell’alleata Repubblica di Francia, Poincarè. Davanti al letto di Torello, il Re spiegò al presidente francese, ammiratissimo, le gesta del lunigianese: Baracchini era molto famoso in Francia, le sue azioni temerarie ed il suo soprannome (”D’Artagnan”) lo rendevano amato dagli alleati d’oltralpe.

Il presidente Raymond Poincarè volle quindi assegnare la ambita medaglia francese della Croce di guerra con palme. Il Re Vittorio, per non esser da meno volle ”motu proprio”, attribuire un ulteriore riconoscimento, concedendo una medaglia d’argento al valor militare, in pratica ”coincidente” nel periodo e nelle motivazioni con quella d’oro avuta da poco.

Il 2 ottobre il nostro asso viene dimesso e continua le cure a Pontremoli da dove segue gli sviluppi della guerra e si mantiene informato grazie alle lettere del compagno di squadriglia Gastone Novelli. Durante la convalescenza si sottopone alle cure del dottor Tornabuoni, a La Spezia, per otto mesi, mentre l’Italia subisce la disfatta di Caporetto e nuovi piloti, come Silvio Scaroni, si fanno avanti nella classifica degli assi italiani.

Il Macchi-Hanriot HD.1 in dotazione a Flavio Torello Baracchini, ora custodito al Museo Storico dell'Aeronautica Militare, presso Vigna di Valle
Il Macchi-Hanriot HD.1 in dotazione a Baracchini, ora custodito al Museo Storico dell’Aeronautica Militare, presso Vigna di Valle con lo stemma dei quattro assi

Il 24 marzo 1918, Baracchini torna al fronte assegnato nuovamente alla 76ª Squadriglia, trasferitasi a Casoni di Mussolente. Nel frattempo Scaroni è diventato il miglior asso della squadriglia, con 17 vittorie. A Baracchini viene assegnato il nuovo caccia Hanriot HD.1 che il pilota personalizza facendo dipingere quattro assi sulle fiancate. Il nuovo stemma lanciava un chiaro messaggio ai propri compagni di squadriglia e in particolare all’amico-rivale Silvio Scaroni: Baracchini era l'”Asso degli Assi“.

Nonostante i dubbi di molti compagni, non ha perso le doti da grande pilota e il 3 aprile consegue la sua prima vittoria dal rientro al fronte, abbattendo un pallone frenato in missione con Scaroni. Il 13 maggio attacca una sezione di tre aerei e ne abbatte due: ha riconquistato il primato all’interno della squadriglia con 19 vittorie. Il Comando dell’aviazione italiana gli assegna una nuova medaglia d’argento.  A fine maggio il comandante dell’aviazione Augusto Gallina assegna Baracchini al proprio reparto d’origine.

L’81ª Squadriglia stava vivendo un momento di profonda crisi, in termini di risultati. L’arrivo di Baracchini avrebbe donato nuove forze alla squadriglia e avrebbe messo fine alla crescente rivalità tra Baracchini e Scaroni, all’interno della 76ª Squadriglia. Come segno di distensione, Baracchini lascia il proprio Hanriot con i quattro assi al collega Censi, per tornare al vecchio stemma: uno scudo nero.

Baracchini non delude le aspettative del colonnello Gallina e il 2 giugno, raggiunta la 23ª vittoria, con 9 velivoli abbattuti in 30 giorni migliora il proprio record. La squadriglia, rinvigorita dai nuovi risultati, effettua numerosi scontri lungo il Piave e partecipa attivamente alla battaglia del solstizio. Il 23 giugno 1918 viene ritrovato il corpo senza vita di Francesco Baracca, scomparso dopo la missione del 19 giugno.

Il D’artagnan dell’Aria diventa quindi il miglior asso vivente dell’aviazione italiana. Il primato porta nuove energie e una profonda consapevolezza al giovane pilota:

«Il mio orgoglio per il titolo che mi è assegnato è fatto tutto di venerazione per la memoria del mio grande predecessore. Prima di essere eletto a suo erede io dovrò essere il suo vendicatore. Se dovrò morire voglio morire con lui, da italiano, vivendo dovrò vendicarlo.»

Il 25 giugno raggiunge la 31ª vittoria, è a tre sole lunghezze dal record di Baracca. Lo stesso generale Diaz lo cita nei bollettini del 23 giugno: «Gli aviatori nostri e alleati proseguono con non diminuito ardore la lotta. Ieri hanno eseguito anche grandi ed efficaci bombardamenti sulle immediate retrovie dell’avversario. Dieci velivoli nemici vennero abbattuti. Il tenente Flavio Baracchini raggiunse la sua 29ª vittoria.»

e del 25 giugno:

”vennero abbattuti sette velivoli avversari…..il tenente Flavio Baracchini ha raggiunto la sua trentunesima vittoria”.

Ora prima di proseguire nella narrazione, vogliamo rispondere alla domanda che i nostri lettori più attenti si staranno ponendo. Perché il bollettino di guerra parla di 31 vittorie, mentre la classifica ufficiale ne riporta “solo” 21? La graduatoria ufficiale comprende infatti solo quelle vittorie per le quali si raggiunsero tutte le prescritte prove di accertamento e verifica (fra queste un rilievo fotografico) e, nel caso di Torello, ne rimasero escluse anche quelle attendibili, per le quali non fu possibile ottenere una completa prova documentale.

Baracchini venne informato delle 10 vittorie contestate nel gennaio 1919, da una lettera della 5ª Sezione del Comando Generale dell’aviazione, ed ebbe solo 10 giorni per presentare la documentazione richiesta. Di fronte a un termine così breve, il pilota non prese neppure in considerazione la possibilità di cercare nuovi documenti sugli abbattimenti contestati e dovette quindi accettare la retrocessione dal secondo al quarto posto nella graduatoria ufficiale. Anni dopo, storici in grado di consultare la documentazione austriaca riconobbero la validità di almeno 4 dei 10 abbattimenti eliminati dal ruolino ufficiale.

Tornando alla trattazione, Baracchini, mosso dal desiderio di superare Baracca si alza in volo ogni mattina, in cerca di caccia nemici. Il 25 giugno 1918, durante uno dei numerosi voli di perlustrazione, avvista una colonna nemica in movimento. Nonostante le raccomandazioni dei giorni precedenti del colonnello Gallina di non scendere troppo di quota, (Baracca era morto proprio per un colpo sparato da terra) Baracchini inizia a mitragliare le truppe austro-ungariche.

Durante l’offensiva una pallottola buca la tela dell’aereo e ferisce il pilota all’addome che è costretto ad un atterraggio d’emergenza nel campo italiano più vicino. I soccorritori lo portano in salvo, il proiettile non ha colpito organi vitali e il fisico del pilota reagisce bene all’operazione di estrazione della pallottola. Dopo l’operazione continua le cure all’ospedale “Cialdini” di Reggio Emilia, per poi poter tornare a casa, a Villafranca.

Il 31 luglio è nominato cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro: è il più giovane decorato nella storia dell’ordine. Il 9 agosto è nominato tenente effettivo per meriti di guerra. La guerra termina prima della guarigione completa e Baracchini segue da Villafranca gli ultimi eventi. Nel gennaio 1919, come abbiamo visto poco sopra, per motivi burocratici, gli vengono invalidate 10 vittorie, Baracchini passa quindi da 31 a 21 vittorie ed è retrocesso da secondo a quarto nella classifica degli assi italiani.

Pochi giorni dopo, il bollettino militare del 22 febbraio riportava la sua nomina a capitano per merito di guerra. Nel 1921 a parziale consolazione del decurtamento delle vittorie, il nostro eroe è una delle Medaglie d’oro incaricate di trasportare in spalla il feretro del Milite Ignoto, da inumare all’Altare della Patria. In quell’occasione, l’intera Nazione tributò alla scelta, al viaggio della Salma dell’Ignoto Milite un valore simbolico enorme: essere scelto tra i tanti candidati all’accompagnamento ultimo di questo simbolo assoluto, era indice di grandissima considerazione.

Chi volesse approfondire l’affascinante viaggio del milite ignoto può leggere il nostro post relativo all’argomento al seguente link:

«Ignoto il nome – folgora il suo spirito – dovunque è l’Italia – con voce di pianto e d’orgoglio – dicono – innumeri madri: – è mio figlio»

Subito dopo Baracchini si congedò, rinunciando a un futuro certo nell’Aviazione da Guerra. A lui come a tutti i maggiori Assi il Governo regalò un aereo in esubero dal conflitto ed anche Torello ebbe il suo, posizionato a Luni. Poco dopo il rischio di un suo coinvolgimento nelle imprese fiumane di D’Annunzio portò le autorità a…sequestrargli il magnete, sì da rendere inutilizzabile il velivolo! Lo stesso Baracchini dichiara in un’intervista al Popolo d’Italia:

«Sono sorvegliato troppo da vicino per essere a Fiume. Al mio apparecchio, in Luni, è stato tolto il magnete che è custodito nella cassaforte del Comando marittimo di Spezia. Ma il mio cuore appartiene a D’Annunzio ed io mi considero uno dei suoi legionari…»

A questo punto Baracchini accettò un maggior coinvolgimento in una romanzesca iniziativa organizzata da ex compagni di volo di guerra,che prevedeva la consegna di aerei a non meglio precisati sultani e califfi del Medio Oriente, ex potenti del decaduto Impero Ottomano. L’affare si chiuse male, Baracchini non venne saldato e dovette farsi inviare dall’Italia a Istanbul 10 000 lire per il viaggio di ritorno.

Chiusa la breve parentesi d’avventura, apre lo Stabilimento Pirotecnico Baracchini, a Roma, sorto nella zona de La Parrocchietta, in via Portuense. Grazie al proprio diploma tecnico, Baracchini progetta materiali e razzi di segnalazione all’avanguardia, in particolare materiale illuminante per voli notturni, che verranno adottati dall’aviazione italiana. Durante questa sua nuova avventura, trova la morte che tante volte aveva sfidato nei cieli del nord Italia.

Il funerale di Stato a Baracchini.jpg
Un istantanea dei funerali di Stato

Il 28 luglio 1928 una caldaia del suo stabilimento pirotecnico esplode e Baracchini è gravemente ferito. Segue una settimana di sofferenze. Il 18 agosto 1928 Flavio Torello Baracchini muore, a soli 33 anni, in seguito a una setticemia provocata dalle ustioni. Presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri di Roma si svolgono i funerali di Stato, ai quali partecipa una folla immensa.

Alla presenza dei familiari e dei compagni di squadriglia presenziano anche il re Vittorio Emanuele III e Benito Mussolini. La bara è tumulata prima nel cimitero del Verano  e successivamente il  20 giugno 1956, verrà traslata a Villafranca. Una centralissima strada milanese, a fianco di Viale Diaz, è ancor oggi Via Flavio Torello Baracchini, a ricordo della fama nazionale e oltre di questo ragazzo di Lunigiana.

Dell’uomo va aggiunto un dettaglio assolutamente non trascurabile sia nella lettura moderna, sia specialmente nell’ottica del suo tempo, un tempo di interventismi, di belligeranti, di guerre e di ardimenti. Egli affermò,infatti, in riferimento ai suoi nemici:

“Sono dei bravi: se potessi precipitare l’apparecchio senza ucciderli, sarei felice”. 

Grazie per aver letto il nostro post e con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.

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