Nome | Carlo Borsani |
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Data e luogo di nascita | Legnano (Milano), 29 agosto 1917 |
Forza armata | Regio Esercito |
Arma | Fanteria |
Corpo o specialità | |
Reparto | 6ª Divisione fanteria “Cuneo” |
Unità | 7° Reggimento – 3º Battaglione |
Grado | Sottotenente di complemento |
Guerre |
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Data e Luogo di morte | Milano, 29 aprile 1945 fucilato dai partigiani |
Motivazione della Medaglia d’Oro | «Ferito tre volte durante tenace difesa per mantenere il possesso di delicata posizione, ancora degente all’ospedale, chiedeva e otteneva di partecipare col proprio reparto a nuovo cimento. Assunto volontariamente il comando di un plotone moschettieri arditi, guidava i suoi fanti all’assalto di munita posizione nemica tenacemente difesa. Benché ferito alle gambe da una raffica di mitragliatrice, non desisteva dalla lotta e, nel generoso tentativo di spingersi ad ogni costo sull’obiettivo assegnato, restava più gravemente ferito al viso, agli occhi ed in varie parti del corpo da schegge di bombe da mortaio. Ricoverato in gravissime condizioni, conscio ormai che la vista era irrimediabilmente perduta, esprimeva solo il rammarico di dover desistere dalla lotta, confermando la sua fede e la sua piena dedizione alla Patria.» — Quota 1252 di Allonaqiti (Fronte greco), 9 marzo 1941 |
Altre decorazioni |
Medaglia d’Argento al Valor militare (Quota 1252 di Allonaqiti, 9 marzo 1941) La medaglia venne successivamente tramutata in Medaglia d’Oro e Carlo Borsani nominato Mutilato e Grande Invalido di Guerra |
Dati tratti da: https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Borsani
Il 9 marzo, fu colpito alle gambe da un proiettile di mitragliatrice e mentre lo trasportavano su di una barella, una granata di mortaio gli cadde vicino, uccidendo tre dei barellieri e ferendolo gravemente alla testa. Creduto morto, mentre lo stavano seppellendo qualcuno si accorse che muoveva una mano e fu subito trasportato presso l’ospedale da campo di Krionero dove lo operarono salvandogli la vita. Rimasto completamente cieco, a causa di questo episodio fu decorato, dapprima con la medaglia d’argento al valor militare, successivamente trasformata in medaglia d’oro, e dichiarato mutilato e grande invalido di guerra.
Ristabilitosi dalla grave ferita riprese gli studi, rimase in disparte e dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana, ricoprendo l’incarico di presidente dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra. Il 23 gennaio 1944 assunse il posto di direttore de “La Repubblica Fascista”. Il 10 luglio 1944 uscì il suo ultimo articolo, prima di essere licenziato e sostituito nell’incarico. Aveva come titolo “Per incontrarci”: un’apertura di dialogo con chi stava dall’altra parte, rivolto agli antifascisti ed in seguito collaborò con i fondatori del Partito Nazionale Repubblicano Socialista.
Trascorse la sera del 25 aprile 1945 nella caserma della Decima MAS e al mattino, rifiutó l’offerta di Junio Valerio Borghese di un espatrio. Si rifugió all’Istituto Oftalmico, ma il 27, a seguito di una delazione, fu rinchiuso nei sotterranei del Palazzo di Giustizia. Nel pomeriggio del 29 aprile, insieme a don Tullio Calcagno, direttore della rivista Crociata Italica, venne condotto nelle Scuole di Viale Romagna e da lì in Piazzale Susa dove fu ucciso da un gruppo partigiano comunista con un colpo alla nuca.
Il suo cadavere, gettato su un carretto della spazzatura, dopo aver girato per le vie dell’Ortica, Monluè e Città Studi, con al collo il cartello “ex medaglia d’oro”, giunse all’obitorio. Da lì fu portato e sepolto al cimitero di Musocco.